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Leggi l'articolo che in questo momento fa al caso tuo e migliora il tuo metodo di studio!
Non esistono domande stupide. La ragione risiede nel modo in cui funziona il nostro cervello. La nostra mente non è come un cassetto in cui mettiamo le informazioni, ma è una rete di collegamenti che si modifica di continuo. Ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo, questa rete cambia. Le nuove informazioni non si aggiungono semplicemente alle vecchie, ma le mettono in discussione e le riorganizzano. Questo processo si chiama plasticità cerebrale ed è il motivo per cui possiamo imparare per tutta la vita.
È proprio a causa di questa costante riorganizzazione che possono sorgere quelle che vengono percepite come domande "scontate" o "stupide". Queste domande, in realtà, non sono un segno di ignoranza ma la diretta conseguenza del fatto che le nuove informazioni hanno messo in crisi o evidenziato una debolezza in una conoscenza precedentemente acquisita. Fare una "domanda stupida" significa quindi rinforzare la propria rete di conoscenze, eliminare le incertezze e consolidare la comprensione di un concetto. Si tratta di un passo fondamentale nel processo di apprendimento, un meccanismo attraverso il quale il cervello fortifica il proprio sapere e lo rende più robusto e interconnesso. Fare domande, anche quelle che ci sembrano banali, è un passo fondamentale per continuare a imparare.
COMPRENDERE
Capire bene ciò che si legge. Non può esserci apprendimento senza comprensione.
Sfruttare il paratesto (immagini, grafici, didascalie, schemi,...) per capire il contenuto del testo.
Cercare il significato di parole sconosciute, cercare la localizzazione dei luoghi, cercare la biografia dei personaggi realmente esistiti.
RIELABORARE
Rielaborare mentalmente i contenuti, collegarli con le proprie preconoscenze o con esperienze personali.
Trovare associazioni per ricordare le date, visualizzare mentalmente i luoghi, creare film mentali per le vicende.
FARE
Riutilizzare quanto studiato realizzando mappe, sintesi, quiz o disegni.
Esercitarsi a ripetere prima con il libro aperto e poi con il libro chiuso.
Allenarsi facendo ciò che verrà chiesto alla verifica (ripeto se dovrò sostenere una verifica orale, mi alleno a fare quiz se dovrò sostenere una prova con domande a scelta multipla,...).
Ogni persona ha le proprie strategie per studiare in maniera efficace. In maniera inconsapevole ognuno utilizza degli stili preferiti per imparare le discipline scolastiche.
Ciascuno studente possiede degli stili di apprendimento e degli stili cognitivi. Essere consapevoli di questi e sfruttarli in maniera strategica permette di imparare una quantità maggiore di informazioni in meno tempo e con una minora difficoltà.
Gli stili di apprendimento riguardano la maniera in cui si preferisce ricevere l'informazione da imparare; gli stili cognitivi riguardano invece il modo in cui il cervello preferisce rielaborare le informazioni. Gli stili di apprendimento entrano in gioco prima e riguardano l'interazione tra noi e l'ambiente; gli stili cognitivi sono utili in un secondo momento quando l'informazione è già nella nostra testa. Sebbene sia possibile modificare l'ambiente esterno per adeguare i materiali da studiare ai nostri stili di apprendimento, non è possibile far nulla per mettere comodi i nostri stili cognitivi.
Gli stili di apprendimento sono quattro. Ogni studente non appartiene a un solo gruppo ma avrà un po' tutti in maniera combinata anche se uno o due sono predominanti. Gli stili di apprendimento sono:
visivo verbale: lo studente preferisce che le informazioni da studiare siano fornite sotto forma di testo.
visivo non verbale: lo studente preferisce studiare su mappe, schemi e grafici. La maggior parte degli studenti rientra in questa categoria.
uditivo: lo studente preferisce ascoltare la lezione o un podcast piuttosto che leggere il libro e spesso ripete a voce alta o parla di argomenti scolastici con i propri amici.
cinestetico: lo studente studia meglio se ha la possibilità di muoversi sottolineando o prendendo appunti, lavorando al PC o addirittura camminando per una stanza.
Gli stili cognitivi sono costruiti sulla base di coppie oppositive. I principali stili cognitivi sono:
analitico/globale: lo studente analitico studia bene solo se riesce a capire tutto ciò che c'è scritto sul libro, ha bisogno di scendere nei dettagli e di avere un quadro chiaro su tutti i concetti da memorizzare; lo studente globale studia bene solo se può ricordare le informazioni principali di un argomento e collegarle a quanto sa già.
individuale/di gruppo: lo studente individuale preferisce studiare da solo; lo studente "di gruppo" studia meglio se può lavorare in gruppo.
ideativo/esecutivo: lo studente ideativo rimane attaccato alla teoria e rielabora mentalmente i concetti in maniera personale; lo studente esecutivo preferisce studiare agendo concretamente e imparando dagli errori.
dipendente/indipendente: lo studente dipendente rimane legato ai materiali di studio che ha utilizzato per studiare; lo studente indipendente riesce a creare per ogni argomento uno schema mentale efficace riuscendo a staccarsi così dal libro di testo e dagli altri materiali utilizzati.
Molti studenti vivono il momento di studio a casa come una violenza da parte degli insegnanti che, insensibili e senza cuore, non hanno rispetto per il loro tempo libero e il diritto allo svago.
Ma fare i compiti a casa è davvero utile?
La risposta è: sì! Dedicare delle ore pomeridiane allo studio autonomo è fondamentale per apprendere bene dei concetti e per sviluppare delle abilità.
Tutto ciò che studiamo viene memorizzato nella nostra testa dentro delle cellule che si chiamano neuroni. Queste cellule sono collegate tra di loro in maniera reticolare e sono proprio questi legami a formare la conoscenza che ognuno possiede. I neuroni funzionano come i cavi elettrici di una casa: la corrente riesce a passare solo se l'elettricista collega bene i cavi tra di loro. Nel nostro caso, l'elettricista è la nostra mente che, compiendo uno sforzo, sposta i neuroni per creare nuovi collegamenti.
Ecco perché studiare è stancante: dentro la nostra testa si sta muovendo qualcosa anche se non ce ne accorgiamo. Ma più permettiamo al nostro cervello di lavorare, più ricorderemo con facilità ciò che abbiamo imparato. Infatti maggiori saranno lo sforzo mentale e il tempo dedicato allo studio, maggiore sarà la qualità del nostro studio.
Ed è così che se in classe iniziamo a creare questi nuovi legami tra i neuroni cercando di inserire le nuove conoscenze nel cervello, a casa dobbiamo saldare e fissare questi legami e questo è possibile solo attraverso lo studio autonomo.
Sempre per questo motivo, quando dobbiamo sviluppare un'abilità come utilizzare correttamente una regola grammaticale, fare un'analisi del testo o scrivere un testo argomentativo, è fondamentale passare tanto tempo a esercitarsi. È esattamente ciò che fa un nuotatore prima di una gara.
Per studiare bene e in poco tempo è necessario concentrarsi su ciò che bisogna imparare. Ma che cos'è la concentrazione? La concentrazione è l'attenzione consapevole che rivolgo a ciò che devo fare. Quindi, più sto attento a ciò che devo studiare, più sono concentrato, più riesco a studiare meglio e in minor tempo.
Ma mantenere alte l'attenzione e la concentrazione è stancante. Alcuni studiosi hanno osservato che gli studenti riescono a mantenere alta la concentrazione per circa 20 minuti. Dopodiché l'attenzione inizia a diminuire e tutto ciò che studiamo lo capiamo e lo memorizziamo con maggiore difficoltà.
Per questo motivo chi ha questa difficoltà può provare il metodo del pomodoro che permette di restare concentrati, appunto, come un pomodoro. Questa tecnica consiste nell'alternare momenti di studio di 25 minuti con momenti di riposo di 5 minuti. Durante la fase di studio è importante essere totalmente concentrati su ciò che si sta facendo ed è quindi fondamentale allontanare ogni fonte di distrazione come tablet, musica o smartphone. Durante i 5 minuti di pausa è invece necessario alzarsi dalla scrivania e fare tutt'altro, fare qualcosa di gradevole e che troviamo piacevole come andare sui social network, chattare o fare merenda, È importante finire la pausa allo scadere dei 5 minuti perché questi minuti sono sufficienti per riprendersi dalla stanchezza. Al contrario, fare pause più lunghe potrebbe essere dannoso perché poi potrebbe essere difficile concentrarsi di nuovo. Ad ogni modo, dopo diverse sessioni di studio+pausa è prevista una pausa più lunga. Prima di iniziare la sessione di studio, conviene darsi degli obiettivi da raggiungere, meglio se sul contenuto e non sul numero di pagine, e scegliere quale metodo utilizzare.
Ricorda che una pausa di 5-10 minuti è sufficiente per riprendersi dalla stanchezza del lavoro di un'ora!
Se vuoi iniziare a studiare con il metodo per pomodoro puoi provare da subito il timer proposto da questi due siti:
Studiare è un’attività importante per imparare nuove cose e migliorare le nostre conoscenze. Ma sai che il posto in cui studiamo può fare la differenza? Ecco alcuni consigli su come scegliere il posto giusto per studiare:
1. Scegli con cura il posto
Prima di iniziare a studiare, prenditi un momento per scegliere il posto migliore. Evita di studiare sul letto o sul divano, perché il corpo si rilassa troppo in queste posizioni. Invece, opta per una scrivania o un tavolo. Questo ti aiuterà a mantenere alta la concentrazione e a essere più attento.
Il nostro cervello è collegato al nostro corpo. Quando abbiamo la giusta tensione muscolare, il cervello capisce che deve stare attento e vigile. Quindi, cerca di mantenere una postura corretta mentre studi. Evita di sdraiarti o di piegarti troppo sulla scrivania.
Un ambiente ordinato aiuta a concentrarsi meglio. Mantieni la tua stanza pulita e riponi solo i materiali necessari sulla scrivania. In questo modo, eviterai distrazioni e potrai concentrarti meglio sul compito da svolgere.
Scegli un posto con la giusta temperatura. Il caldo può portare sonnolenza, mentre il freddo può causare malessere. Inoltre, cerca di studiare in un luogo ben illuminato, possibilmente con luce naturale. Ricorda che il fascio luminoso dovrebbe arrivare da sinistra se sei mancino e viceversa.
Durante le pause, apri la finestra per permette in ricambio di aria nella stanza. Una maggiore quantità di ossigeno e un odore gradevole ti faciliterà nello studio.
Il silenzio aiuta il pensiero e il ragionamento. Studia con la TV spenta e senza sottofondo musicale. In questo modo, potrai concentrarti meglio e ottenere risultati più efficaci.
Se devi imparare nuovi argomenti, segui tutti i consigli sopra. Tuttavia, se stai solo ripassando, puoi permetterti di stare in una posizione più rilassata e ascoltare una musica rilassante (senza parole) a volume basso.
Per ottenere i migliori risultati nello studio, è fondamentale seguire alcune regole. Prima di tutto, assicurati di essere ben riposato. Dormire circa 8 ore al giorno è essenziale per mantenere il cervello sveglio e attivo. Rispetta i ritmi sonno-veglia e crea una routine che ti aiuti a restare in forma.
Il momento migliore per studiare è la mattina. Tra le 9 e le 11, il cervello è nel pieno delle sue funzionalità. Quindi, quando vai a scuola, sappi che stai sfruttando al massimo la tua produttività mentale.
Evita di studiare subito dopo aver mangiato. Dopo un pasto, il sangue si concentra nel sistema digerente per favorire la digestione, e il cervello riceve meno ossigeno. Inoltre, mangia sano e leggero se devi studiare parecchio.
Dopo pranzo, se ne senti il bisogno, concediti un’oretta di pausa. Al risveglio, fai un po’ di stretching o una breve camminata di 15 minuti. Poi, mettiti a studiare con la mente fresca!
Infine, evita di studiare nuovi argomenti la sera. Anche se l’atmosfera è più distesa, la stanchezza accumulata durante il giorno e il corpo che inizia a rilassarsi possono compromettere la tua attenzione, la concentrazione e la capacità di memorizzazione. La sera è piuttosto il momento giusto per ripassare. Rispolverare i concetti prima di andare a dormire è efficace perché di notte vengono fissati i dati e le nozioni nella memoria.
Eccoti alcuni suggerimenti per studiare in modo efficace utilizzando il libro di testo:
Pianifica il tempo e definisci contenuti e obiettivi: Prima di iniziare, stabilisci quanto tempo vuoi dedicare allo studio. Considera gli argomenti che devi coprire e l’obiettivo del tuo studio (ad esempio, prepararti per un’interrogazione o un test a scelta multipla).
Esplora il contenuto: Inizia sfogliando le pagine del libro. Leggi i titoli dei capitoli e i sottotitoli dei paragrafi. Questo ti aiuterà a capire l’ordine dei contenuti e a creare un indice mentale.
Osserva il paratesto: Presta attenzione alle immagini, agli schemi, alle tabelle e ai grafici presenti nel libro. Questi elementi visivi possono darti informazioni importanti sui contenuti che dovrai studiare.
Leggi ed edita: Inizia a leggere il testo paragrafo per paragrafo. Sottolinea le frasi chiave e evidenzia le parole o i dati da ricordare a memoria (come nomi, date o eventi).
Sintetizza il contenuto: Scrivi accanto a ciascun paragrafo una breve frase che sintetizzi il suo contenuto. Questo ti aiuterà a rielaborare mentalmente ciò che hai appena letto.
Datti un feedback: Alla fine di ogni paragrafo, ripeti mentalmente o a voce alta i contenuti. Inizia con il libro aperto, utilizzando le parole che hai evidenziato. Poi prova a farlo con il libro chiuso. Con l’esperienza, sarai in grado di fare questo anche dopo aver letto 3-4 paragrafi o un intero capitolo.
Preparati per la modalità di verifica: Rielabora i contenuti in base a ciò che verrà chiesto. Se hai una verifica orale, esercitati a ripetere a voce alta. Per un test a scelta multipla, crea mappe concettuali, schemi o tabelle. Se dovrai scrivere un tema o rispondere a domande aperte, esercitati a scrivere e a riassumere. Se ci saranno esercizi, pratica finché non ti sentirai sicuro. Se dovrai fare un’analisi, esercitati ad analizzare.
Ripassa prima della prova: Ricorda di ripassare i contenuti fino al giorno prima della prova, ma evita di farlo proprio il giorno stesso. Anche se hai studiato in modo approfondito, ripassare aiuta a consolidare la memoria.
La paura più grande che attanaglia la vita di uno studente è indubbiamente quella di sbagliare, soprattutto quando questo errore avviene sotto gli occhi degli altri. In quei momenti, la sensazione di sentirsi stupidi o diversi dagli altri è quasi inevitabile. Mettersi in gioco, infatti, non significa solo affrontare un compito, ma anche rischiare di perdere la propria faccia, mettendo in discussione l'identità sociale che ognuno di noi ha costruito con fatica.
Eppure, il paradosso è che commettere errori è in realtà alla base di ogni apprendimento significativo. Le neuroscienze, infatti, hanno chiaramente dimostrato che commettere un errore durante lo studio o l'esecuzione di un compito permette di imparare ancora di più rispetto a quando si fanno le cose in maniera corretta fin da subito. Questo accade perché eseguire un compito in maniera corretta significa semplicemente riapplicare qualcosa che è già stato imparato e che, di conseguenza, ci risulta facile da fare, a volte persino in maniera automatica. Quando invece commettiamo degli errori e ne prendiamo consapevolezza, siamo costretti a mettere in discussione le nostre attuali conoscenze, innescando un meccanismo che ci obbliga a correggerci e ad acquisire la versione corretta di ciò che dobbiamo imparare. E tutto questo non è altro che apprendimento. Non appena commettiamo uno sbaglio e ci accingiamo a correggerlo, il cervello richiede un notevole sforzo di attenzione, concentrazione, motivazione e, naturalmente, la volontà di farlo.
Quindi, se fare qualcosa di corretto affatica poco il cervello, che può lavorare in maniera quasi automatica, la correzione di un errore costringe l'organo pensante a lavorare molto di più per ricreare una nuova e più solida struttura del pensiero e della conoscenza. Dal punto di vista biologico, questo si traduce nello spostamento dei collegamenti tra i neuroni, le cellule cerebrali che contengono le informazioni, agendo come fili elettrici che si connettono per creare una rete di conoscenze. Quando facciamo qualcosa che conosciamo bene, si attiva una rete di neuroni già esistente e rodata. Al contrario, quando sbagliamo e ci auto-correggiamo, dobbiamo faticare per creare nuovi collegamenti tra le informazioni, dando al cervello il tempo di riorganizzare questi "fili" neuronali. È per questo motivo che correggere un errore, talvolta, può richiedere tempo e una considerevole fatica.
Tuttavia, prima di affannarsi a correggere, è cruciale capire se ci troviamo di fronte a un errore o a un semplice sbaglio. Si parla di sbaglio quando si agisce in maniera non corretta a causa di fattori esterni o contingenti: la stanchezza, una distrazione, un periodo di stress, la presenza di troppo rumore o il semplice avere la mente altrove. In questo caso, la soluzione è relativamente semplice: è sufficiente ritrovare la serenità e la concentrazione sul lavoro per ottenere immediatamente risultati migliori.
L'errore, invece, è qualcosa che viene compiuto in maniera sempre non corretta perché lo si è imparato in modo scorretto fin dall'inizio, oppure perché le nostre conoscenze su quell'argomento sono ancora deboli e insufficienti. In questo secondo e più serio caso, la strategia vincente è duplice: è importante prima di tutto aumentare la quantità di informazioni da studiare e memorizzare, e in secondo luogo correggere quelle sbagliate che sono già presenti nella nostra memoria a lungo termine. Una volta completato questo processo di acquisizione e rettifica, esercitarsi ripetendo o facendo esercizi ci permetterà di fissare in modo più stabile la nuova conoscenza corretta nella memoria a lungo termine.
Studiare all’aria aperta offre numerosi vantaggi. Molteplici i principali benefici che è possibile trovare effettuando sessioni di studio e di ripasso a contatto con la natura. In questo articolo ne presentiamo alcuni:
Offre benefici per la salute mentale: guardare i colori della natura e muoversi all’aperto aiuta a ridurre lo stress e migliora l’umore. Inoltre, trascorrere del tempo all’aperto riduce la sensazione di stanchezza e aumenta l’energia fisica e mentale;
Migliora la concentrazione: studiare in luoghi diversi stimola la mente e previene la noia. È possibile alternare tra il parco, il mare, la montagna, ma anche il cortile o un balcone;
Consente di sfruttare la luce naturale: Studiare all’aperto ti aiuta a preservare la vista sottraendo gli occhi al senso di affaticamento derivante dall'esposizione continua alla luce artificiale;
Promuove la creatività: l’ambiente naturale ispira la creatività e l'ispirazione. Scrivere un saggio o risolvere problemi matematici sotto un albero può portare a idee fresche e originali;
Respiro di aria fresca: l’ossigeno extra migliora la funzione cerebrale e la memoria;
Aumenta il senso di appartenenza: essere parte dell’ambiente naturale crea un senso di appartenenza e benessere;
È un occasione per stare con gli amici: organizza sessioni di studio all’aperto con amici. Questo favorisce la collaborazione e riduce l’isolamento;
Potenzia la memoria: studiare all’aperto, in un ambiente povero di rumori e di interferenze sonore, stimola la mente e favorisce una migliore memorizzazione delle informazioni;
Ha un effetto calmante e anti-stress: l’aria aperta aiuta a ridurre lo stress e a migliorare il benessere emotivo. Respirare aria fresca e godersi la natura ha un effetto calmante. Inoltre, studiare all'aria aperta contra la depressione e l'ansia. Bisogna infine considerare che la luce del sole è essenziale per la produzione di melatonina, che regola il ritmo sonno-veglia.
Adesso tocca a te! Prova a pensare a un ultimo beneficio che potresti trarre dedicando qualche ora di studio stando immerso nella natura.
Saper scrivere un riassunto è una delle abilità fondamentali per lo studio. Si riassume per accorciare un testo di almeno 1/3 della sua lunghezza iniziale mantenendo le informazioni principali; tutte quelle aggiuntive e non rilevanti vengono eliminate e i contenuti importanti vengono espressi con un numero minore di parole.
Realizzare il riassunto di un testo è un’abilità linguistica complessa dal momento che viene coinvolta prima l’abilità di comprensione scritta e successivamente quella di produzione scritta. Ecco perché i riassunti, oltre a essere materiali utili per lo studio, sono anche un valido esercizio per potenziare entrambe le abilità.
Prima di riassumere un testo, è fondamentale comprenderlo in maniera approfondita. Essendo il riassunto una forma di riscrittura, presuppone una rielaborazione mentale personale dei contenuti. Quindi, una comprensione parziale o sbagliata conduce a una rielaborazione errata delle informazioni.
Ecco i passi da seguire per la realizzazione di un riassunto:
La prima cosa da fare è analizzare il paratesto. Si può iniziare leggendo il titolo e fare ipotesi sul contenuto del testo. È poi utile osservare eventuali immagini o grafici che possono offrire informazioni importanti sul brano.
Si procede con la lettura del testo. La lettura va fatta più volte. Si inizia a leggere per comprendere il testo in maniera globale, poi si rilegge per assicurarsi di aver capito bene le informazioni. Queste operazioni possono essere ripetute anche più volte.
Si legge per editare il testo: editare significa utilizzare la matita per sottolineare le informazioni principali e importanti, cerchiare le parole chiave (nomi, date, luoghi, azioni) che spesso sono in grassetto nei libri scolastici, appuntare il significato di parole che non si conoscono, barrare le frasi che contengono informazioni secondarie, aggiuntive o irrilevanti al nostro scopo.
Si divide il testo in sezioni o sottounità. Ogni unità informativa è un blocco da riassumere. Spesso le caratteristiche grafiche del testo aiutano questa operazione dal momento che la suddivisione in paragrafi è resa evidente dal punto e a capo, dal rientro a destra o da uno spazio più ampio tra due righe.
Si dà un titolo a ogni unità. Il titolo serve a individuare facilmente il contenuto dell’unità e a creare una prima scaletta di quello che sarà la struttura del riassunto.
Si numerano i titoli in modo da dare un ordine ai contenuti così come li si vuole inserire nel riassunto. Di solito si ricostruiscono le vicende in modo da seguire l’ordine cronologico.
Si riassume. Nello scrivere un riassunto è importante tenere in considerazione alcuni aspetti: è preferibile utilizzare la terza persona; se possibile è consigliabile mantenere lo stesso tempo verbale; bisogna evitare eventuali dialoghi e nel caso sostituirli con il discorso indiretto; è importante che nel testo di arrivo ci siano solo le informazioni del testo di partenza e non anche opinioni personali; è opportuno mantenere lo stesso stile linguistico-testuale.
Si procede con la revisione del riassunto. Il controllo finale si effettua facendo più riletture con l’obiettivo di controllare eventuali errori linguistici, la scorrevolezza del testo e la presenza di tutte le informazioni principali.
Si riscrive il testo in bella copia.
Si conclude inserendo il titolo del testo di partenza preceduto da “Riassunto di”.
Leggere è un’attività dinamica che coinvolge attivamente il lettore. Questo infatti non deve solamente decodificare i segni grafici presenti sul foglio, ma sfrutta anche le sue conoscenze enciclopediche e le sue aspettative per interpretare ciò che sta leggendo. Ecco perché nelle parti che riusciamo a comprendere con maggiore facilità riusciamo a leggere con una maggiore velocità, mentre nelle parti che si conoscono di meno o che sono più complesse si rallenta.
Prima della lettura, fare un brainstorming sui possibili contenuti del testo partendo dal titolo (ed eventuale sottotitolo o titoli dei paragrafi) , osservare le immagini per iniziare a familiarizzare con i contenuti del testo e riconoscere il genere testuale al quale questo appartiene (lettera, articolo di giornale, favola,…) sono tutte azioni che ci permettono di decidere quali sono le strategie di lettura più utili per approcciarsi al testo. È lo stesso lavoro che fa un detective quando deve scegliere gli strumenti giusti per analizzare un caso. E così come il detective sa qual è lo scopo che vuole raggiungere, spesso trovare il colpevole, così il lettore competente deve aver chiara la finalità per cui si approccia alla lettura di un testo. Chiedersi “per quale motivo sto leggendo questo testo?” è un passaggio fondamentale della prelettura poiché aver chiare le finalità da raggiungere ci facilita nella scelta delle strategie, nella gestione dei tempi e nell’utilizzo degli strumenti. Alcune risposte alla domanda potrebbero essere: per studiare i contenuti, per reperire delle informazioni specifiche, per comprendere il significato globale, per intrattenersi durante il tempo libero.
Sulla base degli obiettivi abbiamo individuato, è possibile scegliere tra quattro strategie:
Lettura orientativa (o skimming): l'occhio si muove a balzi per cogliere il senso globale del testo sfruttando anche la suddivisione in paragrafi e le parole messe in evidenza. Questo tipo di lettura serve per farsi una prima idea sugli argomenti e per distinguere le informazioni principali da quelle secondarie. È utile inoltre per capire se il testo in questione merita di essere letto con maggiore attenzione;
Lettura selettiva (o scanning): l'occhio si muove in diagonale sul testo per trovare informazioni specifiche. Questa strategia viene attivata quando bisogna cercare, ad esempio. una data sul libro di letteratura o una parola sul dizionario;
Lettura globale (o estensiva): è la strategia usata per comprendere il significato complessivo del testo. Il testo è letto nella sua interezza e in maniera continua senza prestare troppa attenzione allo stile e ai dettagli. Questo tipo di lettura viene fatta quando leggiamo per diletto come nel caso dei romanzi o un articolo di una rivista;
Lettura analitica (o intensiva): è lineare e serve per appropriarsi dei contenuti del testo: è la strategia adottata quando si studia; gli occhi fanno progressioni e regressioni per ricostruire il sapere e preparare il nuovo blocco di conoscenza in modo che sia facilmente assimilabile e rielaborabile. Spesso il testo viene sottolineato e vengono aggiunte delle annotazioni a margine.
Piccolo consiglio: quando si è stanchi, se si fa fatica a concentrarsi su ciò che si sta leggendo, se non si riescono a capire i contenuti del testo, conviene passare alla lettura ad alta voce dal momento che leggere a voce alta potenzia l'attenzione, la comprensione e la memorizzazione.
Prendere appunti durante le spiegazioni in classe ha diversi benefici tra cui l’aumento della concentrazione e dell’attenzione.
Mentre prendiamo appunti siamo mentalmente attivi. Infatti dobbiamo:
capire ciò che stiamo ascoltando;
scegliere quali informazioni conservare e quali scartare;
rielaborare le informazioni in modo da renderle più “digeribili”;
scrivere il tutto in una forma breve, chiara e il più velocemente possibile.
Dal punto di vista delle abilità linguistiche, la stesura di appunti richiede una certa competenza sia nella comprensione orale sia nella produzione scritta. Inoltre, così come funziona con tutte le attività linguistiche, anche la stesura degli appunti migliora con la pratica e l’esperienza.
L’ascolto attivo è fondamentale durante una sessione di stesura di appunti. Riuscire a capire il filo logico che sta seguendo la persona che stiamo ascoltando e capire su quali informazioni sta mettendo l’accento, ci permette di prendere appunti in maniera più attenta e strategica. Inoltre, nello stesso momento dobbiamo chiederci che cosa sappiano noi su quell’argomento, che cosa dobbiamo approfondire e a quali informazioni dedicare un numero maggiore o inferiore di righe. Gli appunti sono personali: ogni persona prende appunti sulla base di ciò che ritiene essere più utile e trascrive le informazioni in modo che siano chiare per lui anche sulla base di ciò che sa già o ciò che trova più difficile. Ecco perché è quasi impossibile studiare sugli appunti presi da altri.
Prendere gli appunti non significa trascrivere tutto ciò che viene detto. L’obiettivo è quello di scrivere in maniera sintetica i contenuti essenziali e i dati specifici. La lunghezza degli appunti dipende anche da ciò che uno studente sa già su quell’argomento; maggiori sono le sue conoscenze, più i suoi appunti saranno brevi (e viceversa). Sicuramente è fondamentale appuntarsi i nomi, le date, i dati numerici, le parole chiave, le liste delle categorie o delle caratteristiche, gli esempi, le argomentazioni, i rapporti causa-effetto, le definizioni e i confronti.
Per chi ha difficoltà a stare al passo con l’esposizione dell’insegnante, può chiedergli se può registrare una traccia audio della spiegazione per poi dedicarsi a casa alla stesura degli appunti mettendo in pausa la registrazione quando necessario o riascoltando le parti in cui vengono spiegati dei passaggi maggiormente complessi. Ma è anche possibile prendere gli appunti su un qualsiasi quaderno oppure su un quadernone ad anelli nel quale possiamo spostare i fogli sulla base delle nostre esigenze. Si può utilizzare anche il PC; in questo caso riordinare gli appunti sarà sicuramente più facile e si ha anche la possibilità di scattare delle foto a ciò che viene scritto dal docente sulla lavagna e inserirle direttamente sul documento.
Essendo una tecnica di studio autonoma, ognuno può adottare le strategie che preferisce nello stendere gli appunti. Ad esempio, chi scrive a penna può decidere di utilizzare delle sigle o delle parole puntate che capisce solo lui e che gli permettono di risparmiare del tempo durante la scrittura; è possibile scrivere “es.” invece di “esempio” oppure “D:” al posto di “definizione:”. Si può inoltre decidere di scrivere un testo discorsivo o di realizzare un elenco puntato.
Ma il lavoro sugli appunti non termina in classe. È fondamentale risistemare gli appunti in bella copia dopo poche ore dalla spiegazione in modo tale che se qualcosa non è chiaro o se i contenuti sono incompleti si è ancora capaci di rimaneggiarli e correggerli. Bisogna poi prevedere del tempo anche per memorizzare quanto è stato scritto; un metodo può consistere nel leggere gli appunti più volte e poi ripetere i contenuti ad alta voce prima con il quaderno aperto e poi chiuso. Inoltre, se risulta più comodo studiare su un unico supporto, è possibile confrontare gli appunti con le informazioni contenute nel libro di testo e aggiungere ai nostri appunti ciò che manca. È possibile anche editare gli appunti per rendere più facile la sessione di studio: possiamo evidenziare di colori diversi i nomi, le date e le parole chiave; possiamo disegnare delle frecce per collegare tra loro i contenuti che si trovano in sezioni diverse del foglio; si possono utilizzare bandiere o altre icone per segnalare le definizioni da imparare a memoria o le parti più importanti; si può inserire il titolo a ogni paragrafo in modo da avere anche graficamente una scansione dei vari blocchi informativi.
Realizzare schemi e mappe facilita lo studio nella memorizzazione e nel recupero delle informazioni. La struttura reticolare delle rappresentazioni grafiche dei concetti rispecchia la struttura reticolare del cervello. Detto in maniera più semplice, la struttura a rete della mappa e dello schema rispecchia la struttura a rete che hanno le informazioni nel nostro cervello. Tutto ciò che memorizziamo non viene conservato sotto forma di lista o di discorso ma come serie di concetti legati in maniera reticolare tra loro. E questi collegamenti tra informazioni non sono immutabili nel tempo ma cambiano ogni volta che impariamo qualcosa di più su un dato argomento. Studiare utilizzando le mappe è utile soprattutto per chi ha uno stile di apprendimento spiccatamente visivo non verbale (possiede cioè una buona memoria fotografica).
Affinché una mappa sia utile è fondamentale che ognuno costruisca la propria dal momento che ogni rappresentazione grafica è frutto della maniera in cui ogni cervello ha rielaborato e memorizzato le informazioni. Bisogna poi sottolineare che perché una mappa porti davvero a una facilitazione è necessario utilizzarla anche nel momento dello studio a casa poiché l’utilizzo esclusivo in classe al momento della verifica non porta a nessun beneficio.
Scegliere quale mappa o quale schema realizzare è di fondamentale importanza perché lo strumento che decidiamo di utilizzare ci può aiutare di più o di meno. È dunque necessario chiedersi che cosa bisogna studiare e quale rappresentazione grafica può esserci più utile.
Gli schemi
Gli schemi, detti impropriamente “mappe”, sono rappresentazioni grafiche logiche generiche caratterizzate dalla semplicità e dall’essenzialità e che non hanno delle regole compositive predefinite. Sulla base della necessità del momento si realizzano tabelle, si collegano parole chiave con delle frecce, si fanno elenchi… Se le mappe sono facilmente comprensibili da tutti perché hanno delle regole costitutive che sono sempre le stesse, gli schemi sono spesso accessibili solo da chi le ha realizzate proprio perché sono frutto della rielaborazione mentale dei contenuti fatta sul momento.
Mappe concettuali
Le mappe concettuali servono per rappresentare visivamente come i concetti si legano tra di loro. Per questo motivo possono essere utilizzate per studiare opere letterarie, la poetica degli scrittori, le regole grammaticali. Siccome sono molto esplicite, le mappe concettuali possono rappresentare un contenuto formato da poche informazioni.
Per realizzare una mappa concettuale, bisogna innanzitutto individuare domanda focale, cioè il tema della mappa, e la si scrive in alto al centro del foglio. Da qui partono delle frecce che collegano le parole chiave, che possono essere singole parole o unità polirematiche, che sono inserite all’interno di figure geometriche, solitamente rettangoli. Queste parole chiave si chiamano “parole concetto” e creano un nodo. In mezzo alla freccia si inseriscono le “parole legame” ovvero brevi frasi oppure preposizioni o verbi che servono a far capire in che modo due nodi sono legati tra di loro. La mappa concettuale si sviluppa in verticale; di conseguenza, più si procede verso il basso più aumenterà il numero di nodi e le informazioni saranno più specifiche; ha una struttura dal generale (in alto) al particolare (in basso).
Clicca qui per vedere un esempio di mappa concettuale.
Mappe mentali
Anche le mappe mentali hanno delle regole compositive rigide. In mezzo, al centro del foglio, si inserisce il titolo della mappa. Da qui partono una serie di rami ognuno di un colore diverso che collegano una parola al titolo della mappa. Ogni ramo indica una direzione di pensiero. Da ogni parola possono partire altri rami (del medesimo colore) a cui si collegano altre parole. Il criterio logico è quello di un aumento di specificità procedendo dal titolo della mappa verso l’esterno del foglio; per questo motivo i rami si fanno sempre più piccoli e sottili (e di conseguenza anche la parole che collegano) ogni volta che c’è un nuovo sottocollegamento. Ogni parola può essere affiancata da un simbolo o da un’immagine e, nel caso di mappe mentali create al PC, si possono inserire anche gif animate, video, file audio e collegamenti ipertestuali. Le mappe mentali sono pensate per rappresentare graficamente una maggior quantità di informazioni rispetto alle mappe concettuali e sono utili per studiare regole grammaticali, i vari aspetti di uno scrittore (un ramo per ognuno di questi aspetti: vita, stile, opere, personaggi, pensiero,…), di un movimento letterario o momento storico, per approfondire il lessico e le loro relazioni (campi semantici, iperonimi/iponimi, olonimi/meronimi) ma anche per fare un brainstorming.
Clicca qui per vedere un esempio di mappa mentale.
Thinking Maps
Le Thinking Maps sono otto mappe, ognuna con un proprio nome e una finalità specifica:
• Cicle Map: viene utilizzata per definire il contesto in cui si inserisce il concetto studiato;
• Bubble Map: favorisce la descrizione delle caratteristiche e delle qualità di un elemento o di un concetto. Solitamente viene scritto l’argomento al centro della mappa e intorno si inseriscono aggettivi o dati;
• Double Buble Map: permette di realizzare un confronto tra due elementi o concetti analizzando i punti di contatto e di divergenza;
• Tree Map: facilita la classificazione e il confronto tra regole, idee, scrittori e movimenti;
• Brace Map: permette di analizzare gli elementi intrinseci di un elemento o di un contenuto procedendo dal generale al particolare;
• Flow Map: permette di inserire in successione gli eventi come avviene con la linea del tempo;
• Multi-Flow Map: permette di definire le relazioni di causa-effetto;
• Bridge Map: favorisce l’analisi di metafore e similitudini.
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Tavole sinottiche
La tavola sinottica è una tabella in cui è condensata una grande quantità di informazioni essenziali raggruppate in maniera schematica. Di solito si trova all’inizio dei capitoli dei libri scolastici per dare uno sguardo d’insieme a tutti i contenuti che sono inseriti nel capitolo. Le tavole sinottiche sono utili per organizzare le sessioni di studio e per il ripasso.
Clicca qui per vedere un esempio di tavola sinottica.
Indice
L’indice è utile per quegli studenti che hanno una buona memoria e che hanno bisogno di un supporto grafico esclusivamente per ricordare tutti gli argomenti studiati e per dare loro una successione.
Spesso gli studenti lamentano di provare una certa ansia nell’affrontare le verifiche orali; questo senso di malessere nasce soprattutto dall’idea dell’ignoto, dal pensiero che l’esito finale dipenderà dalle domande che farà l’insegnante. In realtà questo è relativamente vero. Infatti, prima di affrontare una verifica orale è possibile prepararsi al meglio già a casa scegliendo il metodo di studio più efficace, iniziandosi a preparare nei giorni precedenti alla prova (e non il pomeriggio prima), approfondendo i contenuti, curando il linguaggio e infine… organizzandosi un discorso.
Innanzitutto è fondamentale studiare bene i contenuti. Leggere i capitoli di un libro non basta per potersi dire pronti per una verifica orale. Aver compreso le informazioni non significa averle rielaborate e memorizzate. Leggere il libro di testo e ripetere più voce alta è un ottimo metodo per verificare autonomamente sia la padronanza dei contenuti sia la qualità del linguaggio utilizzato. La correttezza delle informazioni e il modo in cui li si espone sono due indicatori fondamentali della valutazione. Ovviamente tutto questo richiede tempo ed è per questo motivo che risulta essere fondamentale organizzarsi con le sessioni di studio a casa in modo da non ridursi all’ultimo giorno. Se la mole di studio è abbondante, è buona pratica suddividersi il materiale da studiare in vari pomeriggi e dedicare il giorno precedente alla prova esclusivamente a un controllo finale o a una ripetizione generale in modo da verificare che tutto fili liscio.
Quello che lo studente fa durante la cosiddetta interrogazione non è altro che una produzione orale o, detta in maniera più specifica, “monologo”. Al di là dei contenuti che devono essere corretti, in un monologo le informazioni vanno organizzate così come si fa quando si scrive un testo. Per ogni argomento vanno scelte le informazioni da esporre, l’ordine in cui si presentano e il tipo di linguaggio da utilizzare. La cura della scelta delle parole ha un peso fondamentale nell’attribuzione del voto. Ogni disciplina ha infatti il suo lessico specifico che, utilizzato correttamente, è un indice di padronanza e di competenza. Il tempo dedicato alla cura della scelta delle parole è un tempo ben investito.
Per migliorare l’organizzazione del discorso è una buona idea quella di realizzare una sorta di indice in cui organizzare per ogni argomento le informazioni da esporre. Per quanto riguarda il linguaggio, è possibile realizzare un glossario con il lessico specifico che potrà essere riutilizzato durante la verifica. Dal punto di vista linguistico, la qualità dell’esposizione risente anche delle riformulazioni fatte sul momento, della ripetizione di parole e di concetti, dell’utilizzo dei segnali discorsivi (allora, dunque, praticamente, appunto, comunque, …), dalle perifrasi fatte quando non si riesce a recuperare la parola specifica, dalle pause vuote (silenzi) o piene (ehm, mmm). Tutto questo può essere evitato abituandosi a ripetere a casa. Inoltre, durante una verifica orale, subito dopo che il docente ha posto il quesito, è possibile chiedere 30 secondi per organizzare il discorso e realizzare, se serve, un indice su carta.
Ma per le verifiche orali ci si prepara già in classe. Un buon modo per migliorare il proprio voto e di abbassare i livelli di ansia consiste nello stare attenti in classe durante le interrogazioni dei compagni di classe. È possibile infatti appuntarsi su un quaderno quali sono le domande fatte dal docente ed esercitarsi a dare le risposte a casa oppure è possibile ascoltare l’esposizione degli altri e prendere nota delle correzioni fatte dal docente.
Se si vuole aumentare il voto è poi possibile farsi consegnare dal docente la griglia di valutazione per le verifiche orali in modo da conoscere quali sono i parametri che concorrono al voto e autoanalizzarsi per scoprire su che cosa bisogna migliorare.
Le presentazioni multimediali sono strumenti efficaci da utilizzare come supporto durante l’esposizione orale. Il successo del monologo dipende non solo dalla correttezza dei contenuti e dall’utilizzo appropriato della lingua, ma anche dalle caratteristiche strutturali delle presentazioni. Una presentazione è utile se è costruita secondo regole precise. Una presentazione disordinata e con un ordine disorganizzato dei contenuti ha un impatto negativo su tutto l’intervento e non è di aiuto per chi sta ascoltando.
Prima di procedere alla sua realizzazione è importante definire le finalità del lavoro, i destinatati a cui si rivolge, quali sono i tempi a disposizione per l’esposizione e se il luogo in cui sarà utilizzata sarà fornito di tutti i dispositivi elettronici di cui abbiamo bisogno. Ad esempio, qualora si volesse inserire un video, dobbiamo assicurarci che l’impianto sia dotato anche delle casse acustiche.
Ma come si realizza una presentazione efficace?
Innanzitutto, una buona presentazione dovrebbe iniziare con una copertina accattivante contenente un’immagine dal forte potere evocativo, il titolo messo ben in evidenza, il nome dell’autore e la data in cui si utilizza. Nel caso in cui gli autori siano più di uno, è possibile inserire tutti i nomi nella seconda diapositiva o nella penultima.
Successivamente, si inserisce una diapositiva contente la struttura dei contenuti; un vero e proprio indice che svela all’uditore quali saranno gli argomenti presentati e in quale ordine saranno esposti catturando così la sua attenzione e il suo interesse.
Si procede quindi con le varie diapositive. È bene che ogni gruppo di slides (in inglese) che si inserisce in una sezione dell’indice, sia introdotta da una diapositiva contente il numero stesso della sezione e il titolo che gli è stato attribuito.
Ogni diapositiva deve rispettare il rapporto 1:1 ovvero una sola unità di informazione per diapositiva. Deve inoltre contenere un titolo chiaro. È vietato scrivere dei veri e propri testi; è meglio inserire una o due frasi o ancora meglio qualche parola chiave. Questo perché la diapositiva deve contenere quelle parole che l’uditore potrebbe capire male o che sono difficili da ricordare come nome propri, definizioni, date, dati numerici. La presentazione deve essere infatti di supporto a ciò che viene relazionato e non essere la relazione stessa. Il font utilizzato deve essere ad alta leggibilità (Arial, Tahoma, Verdana,…) di carattere almeno 22. Le parole devono essere allineate a sinistra/centro/a destra ma mai giustificate. Lo spazio tra le righe deve essere di almeno 2pt. Le parole chiave possono essere evidenziate con il maiuscolo, il grassetto o il colore. Attenzione però a non inserire tutte le parole in maiuscolo perché altrimenti si avrebbe l’effetto urlo. È bene poi che ogni diapositiva contenga un grafico o un’immagine che sia coerente con il testo inserito. Questo perché testo e immagine, se coerenti tra loro e posizionati vicini dal punto di vista spaziale, rafforzano la comunicazione.
È possibile prevedere delle diapositive “sveglia-pubblico” cioè che contemplino l’interazione con gli uditori i quali sono chiamati a rispondere a una domanda utilizzando il proprio smartphone. È possibile realizzare diapositive interattive utilizzando programmi chiamati Audience Response Systems. Un esempio è il software online Mentimeter, ma si possono utilizzare anche le i componenti aggiuntivi di Google Slides come Pear Deck e MeetMoji.
L’ultima diapositiva della presentazione è strategica perché è quella che lascia la scia dopo la fine dell’esposizione. Può contenere la classica espressione “grazie del/per l’attenzione”, una citazione di un personaggio autorevole che in qualche modo si ricollega all’argomento trattato, un meme o una vignetta o ancora meglio una domanda aperta e personale, ovvero una domanda che porti l’uditore a dedicare del tempo successivo alla ricerca di una risposta, meglio ancora se di tipo personale.
Per aumentare la qualità grafica e per dare una forma efficace ai contenuti delle diapositive è possibile scegliere tra vari modelli disponibili gratuitamente online come quelli proposti dai siti come SlidesGo; Basta digitare su un motore di ricerca: “Free template” + il tema che vogliamo + il programma che utilizziamo. L’aspetto grafico della presentazione è fondamentale per il successo della nostra esposizione. Lo sfondo deve essere uniforme e chiaro per facilitare un’eventuale stampa su carta; tuttavia, va evitato il colore bianco poiché accecherebbe l’uditore. È meglio utilizzare colori delicati come quelli pastello. Le animazioni e le transizioni devono essere inserite sono se funzionali. Ad esempio, è un’ottima idea quella di inserire un effetto di transizione quando si passa da una sezione di diapositive all’altra.
Oltre al classico PowerPoint è possibile utilizzare Keynote per iMac e software gratuiti online come Google Slides, Canva, Genially, Prezi e Padlet.
Iniziare a scrivere un testo presuppone sempre una certa dose di ansia e di incertezza iniziale. Si rimane per diversi minuti davanti a un foglio bianco, elettronico o cartaceo che sia, a contemplare il vuoto cercando la giusta ispirazione. Attivare delle strategie per la produzione scritta permette di realizzare testi ben scritti e senza eccessivi sforzi.
Un testo di qualità deve essere coerente rispetto al contenuto (cioè non ci devono essere frasi che si contraddicono), coeso rispetto alla forma (ovvero non ci devono essere errori morfosintattici) e appropriato rispetto al contesto e ai destinatari. L’appropriatezza deve essere considerata prima di mettere la penna sul foglio. Il linguaggio, le parole e lo stile saranno diversi a seconda del pubblico che leggerà il nostro testo e del luogo su cui sarà pubblicato. Un articolo di un blog non avrà le stesse caratteristiche di un articolo di un giornale di economia così come un libro per la scuola primaria spiegherà la storia utilizzando termini differenti rispetto ai libri della scuola secondaria.
La lettura e comprensione della consegna è la prima cosa da fare; è fondamentale per capire l’obiettivo da raggiungere. Non avere chiara la meta potrebbe portarci fuori strada. Dopo aver letto e capito (la comprensione non è scontata) la consegna si passa a definire mentalmente il contesto e i destinatari.
A questo punto è importante iniziare a pensare ai contenuti da inserire nel testo. Un brainstorming è un valido strumento per tirar fuori tutte le idee che abbiamo nella testa. Non importa se qualcosa è poco coerente; in una prima fase di brainstorming è importante tirar fuori più idee possibili. Quando pensiamo di aver cacciato tutto ciò che si può collegare all’idea iniziale, si passa a selezionare solo le informazioni utili; una buona idea è quella di evidenziare o cerchiare ciò che vogliamo inserire nel nostro testo. A questo punto, se le informazioni ci sembrano poche o poco approfondite, si può prevedere un’attività di ricerca delle informazioni e di approfondimento della tematica presentata dalla consegna.
Una volta conclusa la parte di recupero e selezione delle informazioni, si passa alla stesura della scaletta. Questa è come l’indice di un libro; è una fase importantissima perché serve per non uscire fuori tema e per decidere in quale parte del testo e in che ordine inserire le informazioni che abbiamo selezionato. Questa fase è sì fondamentale ma non irreversibile. Infatti, se durante la scrittura ci rendiamo conto di voler aggiungere altre informazioni o di spostarne alcune in altre parti del testo, siamo liberi di farlo. Sebbene la scaletta vari molto sulla base della tipologia e del genere testuale da scrivere (un testo argomentativo avrà una struttura diversa da un articolo di giornale), non bisogna dimenticare alcune parti fondamentali come l’introduzione e la conclusione. L’apertura e la chiusura di un testo sono rispettivamente il nostro bigliettino da visita davanti al lettore e ciò che “gli facciamo riportare a casa”.
Adesso è giunto il momento di scrivere. Rispettando la scaletta, si procede con la stesura delle informazioni previste nella fase di prescrittura. È possibile inserire un titoletto all’inizio di ogni paragrafo oppure separare questi con una riga bianca. La lunghezza minima è di una pagina e mezza che con la scrittura in colonna equivalgono a 3 colonne. Se scrivi al PC ricorda che in una colonna di foglio protocollo ci sono circa 150 parole. In questa fase puoi utilizzare delle strategie per dare qualità al tuo testo: puoi far attenzione alla scelta dei connettivi per collegare tra loro le informazioni e puoi utilizzare il dizionario dei sinonimi e contrari o quello analitico per evitare ripetizioni inutili e per utilizzare parole specifiche e non troppo generiche.
Una volta terminata la stesura del testo, si passa alla sua revisione. La rilettura, che può essere fatta anche ad alta voce per capire meglio se il testo è fluido, si fa in due momenti: una prima lettura serve per individuare eventuali errori morfosintattici e correggerli; una seconda lettura è focalizzata al contenuto e serve per capire se le informazioni sono coerenti tra loro e se abbiamo espresso in forma chiara ciò che volevamo comunicare. Nella fase di rilettura, capita spesso di dover continuare il lavoro sul testo; alcune informazioni possono essere cancellate, aggiunte o spostate. In questo caso bisogna però fare attenzione e, dopo aver apportato le modifiche, è necessario procedere nuovamente con le due riletture finali, quella per il controllo morfosintattico e quella per il controllo semantico e sociopragmatico.
Eccoci giunti all’ultima fase. Nel caso della scrittura a mano si tratta di riscrivere il testo in bella copia affinché l’ordine del foglio e una grafia più curata possano portare a una lettura più agevole. Nel caso della scrittura al PC, si valuta se giustificare il testo, si sistema il font, la grandezza e il colore del carattere, si aggiungono eventuali rientri e spazi, si scelgono l’interlinea, l’eventuale struttura in colonne e i margini.
A questo punto, basta scegliere il titolo giusto e il testo è pronto!
Se vuoi imparare altre strategie e tecniche per scrivere correttamente ti consiglio di acquistare il libro Strategie per scrivere bene a scuola e nella vita di Mario Polito.
Chi si occupa di scrivere testi o di fare traduzione deve ricordare di avere una squadra di professionisti sempre pronti a venire in soccorso delle difficoltà e dei dubbi linguistici: i dizionari.
Di dizionari ne esistono di varie tipologie. In questo articolo vengono passati in rassegna quelli più utili a chi si occupa dello studio delle lingue.
Dizionario d’uso (o monolingue)
È il dizionario più noto; è quello che riporta il significato, o i significati, delle parole nei vari contesti e offre esempi utili a comprendere come vanno utilizzate o in quali frasi idiomatiche si possono trovare. Inoltre, il dizionario d’uso spesso presenta anche la trascrizione fonetica, strumento utile per la corretta pronuncia. È uno strumento in costante aggiornamento dato che ogni anno si valutano quali parole nuove inserire (neologismi) e quali eliminare dato che non vengono più utilizzate. Di questi dizionari esistono varie dimensioni, più sono piccoli più riportano esclusivamente le parole ad alta frequenza d’uso, e viceversa. Il dizionario d’uso è utile sia per controllare come si scrive una parola sia per accertarsi del suo significato.
Dizionario dei sinonimi e contrari
Per ogni lemma, questo dizionario riporta le varie parole che lo possono sostituire poiché hanno significato simile, che sono cioè sinonimi. Bisogna tuttavia ricordare che due parole possono avere significato “simile” e non “uguale” perché in tutte le lingue non esistono mai due parole con valore semantico esattamente corrispondente. Questo tipo di dizionario riporta anche i contrari, ovvero quelle parole che hanno significato opposto rispetto al lemma (il lemma è la parola così come si trova sul dizionario ovvero alla sua forma base). Il dizionario dei sinonimi e dei contrari è una risorsa fondamentale per evitare ripetizioni all’interno di un testo e per trovare l’opposto di una parola.
Dizionario analogico
Il dizionario analogico permette di cercare una parola sulla base dei legami semantici e associativi con altre parole. Per ogni lemma vengono indicate inoltre le collocazioni ovvero quelle parole che spesso vengono utilizzate insieme. Ad esempio, se il lemma è un sostantivo, possono essere indicati gli aggettivi che vi si possono riferire o le costruzioni sintattiche in cui può comparire. In questo caso si parla anche di dizionario delle collocazioni. Il dizionario analogico è utile inoltre per chi vuole sostituire parole troppo generiche con altre più precise e dettagliate. Il ritrovamento di una parola è infatti facilitato sfruttando il sistema dei rimandi e le etimologie.
Dizionario etimologico
Questo tipo di dizionario è utile quando si vuole approfondire la storia di una parola, il periodo in cui è comparsa e qual è il suo significato iniziale (o etimologico, appunto). In alcune versioni più ampie, analizza le famiglie di parole indicando tutte quelle che si sono sviluppate a partire da un etimo comune.
Dizionario specializzato (detto anche specialistico o settoriale)
Questi strumenti riportano le parole che si utilizzano in un dato settore come quello medico o legale. Per ogni lemma vengono riportati i significati e gli esempi d’uso. Quando sono utilizzate in uno specifico campo e con un significato estremamente preciso, le parole prendono il nome di “termine”.
Dizionario illustrato
Questa tipologia di dizionario è estremamente comoda quando si cerca il nome specifico per designare un oggetto, un attrezzo, un colore, una pianta o un animale. Esiste in più versioni: monolingue, bilingue, plurilingue. Le parole non sono inserite in ordine alfabetico ma raggruppate per situazioni e contesti comunicativi.
Dizionario idiomatico
Riporta le espressioni gergali e frasi idiomatiche di una lingua.
Dizionario bilingue
Strumento necessario per cercare la traduzione di una parola dalla lingua straniera alla propria lingua materna e viceversa. Oltre alle possibili traduzioni e alla trascrizione fonetica delle parole straniere, riportano anche esempi utili per mostrare l’utilizzo nei possibili vari contesti. Spesso sono segnalate anche quelle parole dette “falsi amici” ovvero che sembrano avere un certo significato poiché simili nella forma a una parola della propria lingua materna, ma in realtà ne hanno uno totalmente diverso.
Glossario
Il glossario non è un dizionario ma è uno strumento simile ed estremamente pratico. Raggruppa le parole sulla base di un campo semantico o di un ambito specifico. Esempi ne sono il lessico della famiglia, il lessico della città, il lessico dei fenomeni atmosferici, il lessico dei trasporti e così via. Può essere monolingue con il significato della parola oppure bilingue con la traduzione.
Oltre ai dizionari cartacei, oggi esistono tanti dizionari multimediali disponibili online oppure offline, consultabili anche gratuitamente. Hanno il vantaggio di poter ascoltare la pronuncia della parola e di velocizzare la ricerca dei lemmi. Tanti dizionari sono anche scaricabili sugli smartphone sotto forma di app in modo da avere una consultazione ancora più comoda e celere.
Corpora
Strumenti come Reverso Context non sono dizionari ma delle raccolte di estratti di diversi testi già tradotti che vengono selezionati sulla base della parola che si sta cercando e che servono per fare un confronto al fine di capire come quella parola è stata tradotta in quel contesto. Sono molto utili per le traduzioni specialistiche, un po' meno per chi sta apprendendo una lingua e ha bisogno di uno strumento che dia informazioni in più su una parola oltre alle varie possibilità traduttive.
Quante volte a scuola gli insegnanti hanno detto “se vuoi imparare a scrivere bene devi leggere molti libri”? Ma questa tecnica funziona veramente?
La risposta è ni. Infatti tutto dipende da ciò a cui facciamo attenzione mentre leggiamo. È possibile leggere un testo studiando la psicologia dei personaggi, seguendo il flusso delle vicende, analizzando lo stile dell’autore… Leggendo miglioriamo quell’aspetto su cui ci stiamo concentrando.
Affinché la lettura sia utile per il potenziamento dell’abilità di produzione testuale, è importante che l’attenzione sia rivolta all’utilizzo che lo scrittore fa della lingua; bisogna cioè concentrarsi su come vengono costruite le frasi, quali subordinate vengono utilizzate, come si intrecciano tra di loro le principali, le secondarie e le correlate. È poi consigliabile osservare quali congiunzioni vengono utilizzate, quali avverbi e aggettivi vengono scelti… Facendo attenzione a tutti questi aspetti è possibile migliorare la sintassi delle frasi che scriviamo.
Una tecnica valida per mettere in pratica i “consigli” dello scrittore, consiste nell’esercitarsi a scrivere dei testi con l’idea di fare la sua imitazione, cioè scrivere le frasi così come le scriverebbe lui. In questo modo facciamo diventare quel modo di scrivere una nostra abitudine, ci impadroniamo di quello stile scrittorio.
La lettura fatta con il focus sulla lingua, oltre a migliorare la sintassi, serve anche per ampliare il lessico. Sottolineare nel testo le parole che non si conoscono e poi appuntare a margine del libro il loro significato dopo averlo cercato sul dizionario è un buon metodo per ampliare il proprio vocabolario e apprendere del nuovo lessico da poter riutilizzare quando si scrivono dei testi. Per entrare in contatto con vari stili linguistici e con parole appartenenti a più campi lessicali, è consigliabile leggere testi di vario tipo come romanzi, articoli di giornale, saggi,...
Un’ultima osservazione va fatta sulla morfologia: leggere testi di qualità aiuta anche a evitare errori morfologici; si entra infatti a contatto con tante parole e osservando il loro utilizzo si fanno preziose scoperte, ad esempio, sulla coniugazione dei verbi irregolari, sul cambio di genere delle parole a seconda del contesto oppure sulla perdita di una vocale dal singolare al plurale.
Quindi, la lettura aiuta a scrivere meglio solo se si fa attenzione alla scelta delle parole che fa l’autore e a come costruisce le frasi e aiuta a potenziare le abilità nella morfosintassi e la competenza lessicale.
La capacità di scrivere bene costituisce un’abilità fondamentale, le cui potenzialità modellano in modo significativo la struttura del pensiero e la consapevolezza individuale.
La scrittura rappresenta un esercizio per la mente di grande importanza. Essa stimola la chiarezza del pensiero e l’organizzazione delle idee, richiedendo una strutturazione chiara e coerente. Chi scrive è chiamato a stabilire l'importanza dei concetti, a definire l'ordine in cui presentare le informazioni e ad assicurare il collegamento logico tra i contenuti. Questo processo costante, richiedendo la selezione attenta delle parole e la verifica della coerenza interna, affina la capacità analitica della mente, sviluppando un pensiero chiaro e strutturato, e promuove allo stesso tempo la concentrazione e la continuità nel discorso.
L’atto di scrivere rafforza la validità delle argomentazioni dell’individuo, spingendolo a trovare prove solide per sostenere le proprie idee o a contestare quelle degli altri; insegna a combinare l'essenzialità del messaggio con la precisione e la cura del dettaglio, salvaguardando la persona dalla superficialità e facendola diventare un pensatore critico e una persona profonda, spinta dal desiderio di andare a fondo nelle cose.
Inoltre, la scrittura è strettamente legata al controllo di sé. Richiede tenacia e perseveranza nell'affrontare argomenti complessi, coltivando la pazienza e la capacità di apprezzare l'importanza del silenzio come momento di riflessione. A livello personale, l’abitudine di scrivere aumenta la consapevolezza di sé stessi, amplificando l’ascolto dei propri sentimenti interiori. A differenza del parlato, nel quale spesso si avverte l'esigenza di correggere o chiarire immediatamente il concetto espresso, la scrittura elimina la fretta e incoraggia la riflessione; aiuta a bilanciare la velocità dell’intuizione con la calma della ponderazione, permettendo di riflettere su aspetti profondi della vita, come l'amore e il finire delle cose.
La scrittura non è un’azione solitaria; è un modo per comunicare. Essa richiede che si tenga conto delle esigenze del lettore, adattando il messaggio ai suoi interessi, bisogni, al suo modo di capire le cose, alle sue obiezioni e domande, migliorando così l'efficacia del messaggio stesso.
In conclusione, la padronanza della scrittura si afferma come un'abilità cruciale e universale. È la palestra mentale che costruisce un pensiero ordinato e critico, potenzia il ragionamento e rafforza l'autocontrollo. Queste competenze sono indispensabili e si applicano con successo in ogni contesto della vita reale, trasformando l'individuo in un comunicatore più efficace. L'impegno profuso nella scrittura non è un semplice compito, ma un investimento diretto nella propria crescita personale, invitando a esplorare il potenziale che uno strumento così essenziale può offrire.
Tradurre è molto di più che cercare semplicemente le parole sul dizionario. Tradurre un testo significa “portarlo” da una lingua di partenza (LP) a una lingua d’arrivo (LA). Si parla anche di testo di partenza (TP) e testo di arrivo (TA) o di cultura di partenza (CP) e cultura di arrivo (CA). Ma durante la traduzione, non sono solo le parole a essere tradotte; si parla infatti di traduzione linguistica e mediazione culturale. Quindi per tradurre è importante conoscere bene sia la lingua sia la cultura della LP e della LA. Mediare e tradurre sono attività importantissime poiché permettono a due realtà diverse di ”comunicare” e di interagire tra loro.
La traduzione può essere di due tipi: attiva, se è fatta dalla propria lingua materna verso la lingua straniera; passiva, se è fatta dalla lingua straniera alla propria L1. Solitamente fare una traduzione passiva è più facile poiché si ha una maggiore padronanza grammaticale, comunicativa e culturale.
Per capire quale sia lo scopo della traduzione e quindi quali caratteristiche deve avere, conviene aver capito che tipo di testo è il TP. Ad esempio, nei testi letterari bisogna fare attenzione non solo al contenuto ma anche allo stile, al ritmo, alla scelta lessicale, agli effetti linguistici, alle figure retoriche, ai collegamenti con altre opere, ai riferimenti storico-culturali; Nei testi regolativi, come un libretto di istruzioni o un cartello, ciò che conta è invece la chiarezza linguistica. Un testo economico o giuridico è più facile da tradurre se si conosce l’argomento poiché la traduzione avviene in maniera più lineare. La difficoltà di questa tipologia testuale è riscontrabile nell’utilizzo della lingua settoriale ossia nelle strutture linguistiche e nelle parole specifiche di un dato settore. Una traduzione detta è ben fatta se è efficace per il pubblico d’arrivo e fedele rispetto al testo di origine.
Le traduzioni si possono dividere in:
Traduzioni Dirette: si resta attaccati fedelmente al testo di partenza. In questo caso le strategie di traduzione saranno il calco, il prestito e la traduzione letterale.
Traduzioni Indirette: se per motivi di efficacia bisogna staccarsi dal testo di partenza e fare delle scelte traduttive. In questo caso le strategie di traduzione saranno la trasposizione, la modulazione, il rifacimento e l’adattamento.
Analizzando più nel dettaglio, le strategie di traduzione diretta contemplano:
Il prestito: una parola di una lingua straniera utilizzata tale e quale in un’altra lingua. I prestiti sono di due tipi: di necessità, se si utilizza una parola che non esiste nella propria lingua e che è quindi intraducibile (spesso una parola non esiste in una data lingua poiché quella cultura non ha bisogno di esprimere quel concetto); di lusso, se si utilizza una parola di una lingua straniera perché è più elegante o perché si vuole creare un certo effetto (ad esempio: chic in francese). Indipendentemente da tipo di prestito bisogna ricordare che quando utilizziamo una parola straniera importiamo solo il lemma e non le leggi grammaticali di quella lingua (Esempio: Si dice hotel e non hotels poiché il suffisso –s fa parte del sistema grammaticale inglese). Inoltre, nel testo il prestito va evidenziato con l’utilizzo del corsivo (o con la sottolineatura se ci scrive a mano).
Il calco è la traduzione letterale di un prestito. Si può parlare di calco lessicale (esempio: gendarmes > gendarmi, al posto di carabinieri) oppure calco strutturale (j’ai réussi > ho riuscito).
La traduzione letterale si attua traducendo fedelmente parola per parola, riprendendo la struttura dell’enunciato di partenza e, se necessario, apportando delle modifiche all’ordine dei componenti nella frase per adattarla alle regole sintattiche della lingua di arrivo (Ad esempio a differenza dell’italiano in tedesco il verbo all’infinito e il participio passato si trovano in fondo alla frase).
Tra le tecniche di traduzione indiretta invece ricordiamo:
La trasposizione, un’operazione grammaticale che consiste nel rimpiazzare una parte del discorso del TP con un’altra nel TA. Ad esempio, un sostantivo nel TP può essere sostituito con un verbo nel TA e viceversa, oppure un nome con un aggettivo e viceversa... Ma anche una subordinata temporale può essere sostituita da una subordinata causale, …
La modulazione. In alcuni casi bisogna ristrutturare del tutto la frase del TP. È il caso dei titoli i quali sono utilizzati per creare un effetto e che quindi sono strettamente collegati con la cultura in cui sono utilizzati. La modulazione può essere libera se il traduttore interviene per migliorare l’effetto o la comprensibilità di una frase nel TA (ad esempio nel caso dei titoli dei libri o dei film) oppure obbligatoria se il traduttore non può tradurre letteralmente una frase poiché la sua lingua non possiede quella parola o perché quella frase risulterebbe incomprensibile nella sua cultura (come nel caso dei proverbi e dei modi di dire).
La riformulazione. Nel caso di un testo poetico, per mantenere il ritmo e le figure retoriche non basta attuare strategie di modulazione ma può essere necessario allontanarsi parecchio dal TP. In questo caso si parla di riformulazione parziale, se coinvolge una parte del componimento, o totale, se coinvolge tutto il testo.
L’adattamento è il passaggio da un genere all’altro. Ad esempio è il caso di romanzi a cui ci si ispira per realizzarne un copione che servirà per realizzare un film (Esempio: Harry Potter).
L’attività del traduttore è fatta di scelte quindi, tranne nel caso di testi regolativi, politici o medico-scientifici, due traduzioni avranno ottime possibilità di essere diverse tra loro. Non esiste dunque un modello di traduzione così come non esiste la traduzione perfetta. Esiste tuttavia la traduzione migliore che è quella che rimane il più possibile fedele al testo di partenza e che è maggiormente efficace per il pubblico d’arrivo. Quindi una traduzione che “dice di più”, che esplicita dei concetti o che abbellisce il TP non è una buona traduzione poiché viene a mancare la fedeltà.
Guardare i film e le serie TV in lingua straniera migliora la competenza linguistica a una condizione: se si presta attenzione. I film sono materiali che offrono una quantità innumerevole di informazioni non solo per migliorare la conoscenza linguistica ma anche per apprendere la cultura di un popolo. La ricchezza di questo tipo di materiale sta nella sua essenza multimodale: possiamo sfruttare non solo l’audio ma anche le immagini in movimento. Tuttavia, prima di schiacciare play, dobbiamo decidere verso quale aspetto direzionare l’attenzione. Solo ciò che osserveremo attentamente potrà essere riconosciuto, compreso, rielaborato e quindi appreso. Soprattutto a una prima visione del filmato oppure quando non si ha ancora una buona conoscenza della lingua straniera, è possibile aiutarsi con la comprensione attivando i sottotitoli, ma attenzione, in lingua straniera. I sottotitoli sono utili perché il nostro cervello riesce a elaborare gli stimoli visivi in tempi decisamente più brevi rispetto agli stimoli uditivi. Quindi, quando siamo bombardati da tante informazioni, sfruttare una rielaborazione veloce dei messaggi ci facilita lo stare a passo con il filmato.
Il primo aspetto linguistico che possiamo migliorare con i film e le serie TV è il lessico. Sicuramente scopriremo nuove parole e la cosa interessante, nonché utile, e che capiremo come vanno utilizzate queste parole nelle situazioni comunicative reali. Tante parole potrebbero provenire da conversazioni spontanee, quindi potremmo trovare molte espressioni colloquiali e a volte anche grammaticalmente poco corrette e poco colorite che di solito non si trovano sui libri. Appuntarsi su un taccuino le nuove parole e poi riutilizzare in qualche dialogo fittizio permette di fissarle meglio nel lessico mentale. Per le lingue straniere opache, cioè che hanno una bassa corrispondenza tra fonema e grafema (per intenderci, che non si leggono come si scrivono), potrebbe essere il caso di attivare i sottotitoli così da avere anche la trascrizione corretta delle parole.
Il secondo aspetto che possiamo potenziare grazie ai film e alle serie TV stranieri è la sociopragmatica ovvero potremmo osservare come la lingua viene utilizzata realmente nei vari contesti sociali e nelle varie situazioni comunicative. Conoscere le parole e creare frasi in maniera grammaticalmente corretta non sempre permette di formulare espressioni che si utilizzano nelle situazioni reali. Possiamo fare una traduzione morfosintatticamente corretta per poi scoprire che quell’espressione, creata in quel modo, non verrebbe mai detta da un nativo.
Bisogna poi considerare che la comunicazione non è solo quella verbale ma anche quella paraverbale fatta dal volume della voce, dall’intonazione e dalla cadenza, e quella non verbale fatta dai gesti, dalla postura, dalla mimica facciale e dalla distanza con l’interlocutore. Ogni cultura ha le sue regole. Quale migliore occasione per apprendere tutto questo se non attraverso i film? Anche perché a differenza dell’interazione reale che possiamo avere quando ci rechiamo sul posto, utilizzando le registrazioni possiamo stoppare e rimandare il filmato indietro in modo da rivedere la parte che ci interessa più e più volte.
Sempre legato all’utilizzo reale della lingua, i film permettono di entrare in contatto con la cultura del paese d’interesse. Osservare come ci si saluta, come ci si veste nelle varie occasioni, come si sta a tavola e cosa si mangia, come si risponde al telefono e così via.
Un ultimo aspetto da considerare è “l’orecchio”. Vedendo i film ci si allena a distinguere i suoni in lingua straniera, soprattutto quelli che non esistono nella propria lingua materna. Un vero e proprio training per il cervello che migliora la capacità di riconoscere fonemi anche quando l’eloquio è spontaneo e quindi più veloce e meno pulito rispetto alle registrazioni proposte dai libri di testo.
Senza parole, non ci può essere comunicazione. Anche se la grammatica è errata, ci si può capire lo stesso se si conoscono le parole. La parola "lessico" non è sinonimo di "vocabolario"; esistono vocabolari attivi e passivi.
Il cervello apprende più facilmente le parole di cui si è compreso il significato, quelle ad alta frequenza d'uso, quelle appartenenti agli stessi campi semantici e quelle che rimandano a oggetti reali e concreti.
Ecco alcuni consigli per imparare il lessico in una lingua straniera:
Scoprire le parole nel loro reale contesto d’uso: Evitare elenchi di parole e osservare come i nativi le utilizzano nella vita quotidiana.
Riutilizzare le parole: Più una parola viene utilizzata nel parlare o nello scrivere, più sarà facile ricordarla e utilizzarla quando necessario.
Non imparare le parole tramite elenchi alfabetici: Preferire invece i campi semantici, creando glossari per categorie di parole come "mezzi di trasporto", "fenomeni atmosferici"...
Approfondire le parole derivate: Parole che discendono da altre, come "cartone", "cartolina", "cartoleria" da "carta".
Memorizzare le parole con strutture simili: Utilizzare prefissi, suffissi o desinenze specifiche per raggruppare parole simili.
Scrivere le parole su un quaderno e associarle a immagini: Incollare accanto alla parola un'immagine corrispondente al suo significato.
Associare un movimento alle parole astratte: Ripetere la parola ad alta voce o mentalmente associando un movimento.
Studiare le somiglianze o differenze rispetto alla propria L1: La parola straniera ha un genere diverso? È un "falso amico" rispetto alla L1?
Ascoltare e ripetere ad alta voce: Ascoltare le parole o ripeterle ad alta voce può essere un'alternativa valida all'apprendimento tramite lettura.
Realizzare mappe mentali e schemi colorati: Osservare le relazioni tra parole e raggrupparle per campo semantico o struttura morfologica.
Imparare le parole mettendole in opposizione: Bello/brutto, caldo/freddo, ecc. Osservare i vari gradi di intensità e cercare sinonimi.
Utilizzare filastrocche, acrostici e sigle: Strumenti utili per memorizzare in maniera efficace e leggera nuove parole.
Imparare le collocazioni: Parole che spesso si trovano insieme, come "vento forte".
L'abilità di comprensione orale si può sviluppare attraverso l'allenamento e l'utilizzo di alcune strategie che vedremo in questo articolo. Sappiamo che l'abilità fonetica si sviluppa in tre fasi:
Fase cognitiva: Il cervello lavora per creare schemi mentali (o modelli mentali) dei nuovi suoni.
Fase associativa: I nuovi suoni vengono inseriti nelle categorie mentali create nella fase precedente.
Fase automatica: L'uditore diventa esperto e non deve fare alcuno sforzo mentale per riconoscere i suoni della lingua straniera.
La competenza fonetica che ne consegue è influenzata dalla conoscenza implicita dei meccanismi fonetici, come ad esempio la possibilità che un suono si trovi a inizio o a fine parola.
Strategie per migliorare la comprensione orale:
Fare attenzione alla conversazione o alla registrazione: L'attenzione e la concentrazione dirette verso lo stimolo da ascoltare sono necessarie per la comprensione. Quindi, eliminare ogni fonte di distrazione o rumore.
Immergersi nella situazione comunicativa: Ipotizzare quali comportamenti, reazioni e parole potrebbero essere utilizzati. Le regole di comunicazione sono sempre culturalmente definite; quindi attenzione a non utilizzare automaticamente i parametri della tua cultura. La conoscenza del contesto aiuta anche a fare ipotesi sul significato di parole sconosciute.
Fare brainstorming: Se si conosce la situazione comunicativa, è consigliabile fare un rapido brainstorming per attivare i campi semantici e le parole che potrebbero essere utilizzate nel discorso. Ad esempio, nel caso di una conversazione tra amici in un bar ci aspettiamo parole come caffè, zucchero, conto, croissant, vegano, cioccolato, crema. Invece, nel caso di una conversazione tra amici fuori dalla scuola, ci aspettiamo un gergo più giovanile e parole inerenti le materie scolastiche, le attività sportive del pomeriggio e le relazioni tra amici.
Sfruttare la struttura sintattica della frase: Trovare la parola chiave nella frase. Se cerchiamo un sostantivo, già sappiamo che non lo troveremo nella posizione occupata solitamente dal verbo. Si può ricorrere al parsing, ovvero all'analisi di pezzi di frase; ciò è utile soprattutto quando si ha poca esperienza con la lingua straniera. Con l'esperienza si passa a sfruttare la cosiddetta "grammatica dei frammenti", che permette di capire la struttura della frase con pochi elementi. Solitamente le parole chiave sono messe in risalto dall'accento prosodico (detto anche sintattico): nella frase, l'elemento che dà un'informazione nuova o importante è evidenziato dall'intensità della voce.
Aspetti semantici: Fare attenzione al significato delle varie parole (sostantivi, verbi, avverbi, aggettivi) e ricorrere all'analisi sintattica solo quando abbiamo difficoltà nella comprensione oppure alcune parti risultano ambigue.
Aumentare l'esposizione ai suoni di una lingua straniera: Più si è esposti ai suoni di una lingua straniera, migliore diventa la capacità di ascolto. Questo perché bisogna allenare l'orecchio interno a riconoscere i nuovi suoni. Quando ascoltiamo una lingua straniera, i meccanismi di comprensione della lingua materna sono comunque attivi, creando un filtro mentale che ostacola la percezione dei suoni della lingua straniera che non rientrano nell'inventario fonetico della lingua materna.
Conoscenza delle strutture fisse dei vari tipi testuali: Sapere che stiamo per ascoltare un'intervista ci fa aspettare una struttura del testo composta da saluti iniziali, domande e risposte, e formule di congedo, tutto con un tono che spinge verso la formalità.
Enciclopedia dell'ascoltatore: La cultura generale e le informazioni possedute sull'argomento facilitano la comprensione orale perché è possibile farsi delle aspettative su ciò che verrà ascoltato.
Elementi prosodici: Sfruttare il tono della voce, l'intonazione e il volume per dedurre informazioni sulle emozioni, il grado di formalità, l'ironia e il sarcasmo. Fare attenzione anche ai segnali discorsivi (ad esempio, per prima cosa, al contrario di, infine).
Sfruttare l'ascolto selettivo: Aver chiaro lo scopo per cui si sta ascoltando e quali informazioni devono essere ricercate nel testo orale permette di focalizzare l'attenzione solo su quegli aspetti che realmente ci interessano senza stancarsi nel cercare di capire tutto.
Parafrasare significa riscrivere un testo usando parole diverse, ma mantenendo lo stesso significato. Serve a rendere il testo più chiaro e comprensibile.
Ecco alcuni consigli per fare una parafrasi in maniera corretta:
Comprendi il testo originale: Prima di tutto, leggi attentamente il testo originale finché non ne capisci appieno il significato. Senza una buona comprensione, sarà difficile parafrasare correttamente.
Identifica le parole chiave: Trova le parole e le frasi principali che contengono il significato del testo. Queste parole ti aiuteranno a mantenere l'essenza del messaggio originale.
Sostituisci parole difficili: Cambia le parole difficili o poco usate con altre più frequenti e di significato simile. Utilizza un dizionario monolingue o dei sinonimi e contrari per trovare alternative.
Ordina le parole correttamente: Metti le parole nell'ordine sintattico regolare. Solitamente, il soggetto viene prima, seguito dal verbo e dagli eventuali complementi.
Sciogli le figure retoriche: Le figure retoriche come metafore o similitudini possono essere difficili da capire. Usa delle perifrasi (cioè espressioni più lunghe e chiare) per spiegare cosa significano.
Aggiungi parole esplicative: Se nel testo ci sono parole o frasi sottintese aggiungile tra parentesi nella tua parafrasi in modo che sia più comprensibile.
Mantieni la persona verbale: Riscrivi il testo nella stessa persona (prima, seconda o terza) in cui è espresso il testo originale. Questo aiuta a mantenere la coerenza.
Verifica il risultato: Dopo aver parafrasato, rileggi il tuo testo e confrontalo con l'originale per assicurarti di aver mantenuto lo stesso significato.
Allenati: La pratica è essenziale. Più ti eserciti a parafrasare, più diventerai bravo. Prova a parafrasare testi di diverse difficoltà per migliorare le tue abilità. Puoi anche confrontare il tuo testo con quello dei tuoi compagni o con le parafrasi proposte dai vari libri di letteratura in modo da osservare le differenze, prendere spunto e correggerti.
Ricorda, parafrasare non significa semplicemente cambiare qualche parola, ma piuttosto riscrivere il testo mantenendo il messaggio originale in modo chiaro e accessibile.
Leggere rappresenta un’attività essenziale per la formazione personale e intellettuale, in quanto agisce su molteplici livelli dello sviluppo umano. Innanzitutto, ha un effetto positivo sull’umore, favorendo il benessere psicologico attraverso l’attivazione di aree cerebrali connesse al piacere, all’empatia e alla comprensione emotiva. La lettura, inoltre, potenzia la capacità di comprendere gli altri, grazie alla continua esposizione a esperienze e vissuti differenti dai propri, stimolando così una maggiore apertura relazionale ed empatia.
Da un punto di vista cognitivo, leggere rafforza funzioni fondamentali quali la memoria, la concentrazione, l’attenzione e la padronanza del linguaggio, contribuendo allo sviluppo del pensiero astratto e analitico. È anche uno strumento formidabile per la formazione del pensiero critico, poiché invita a confrontarsi con idee complesse e visioni del mondo articolate, senza imporre risposte univoche, ma sollecitando l’elaborazione autonoma e riflessiva. Attraverso i testi narrativi è possibile vivere esperienze diverse, talvolta lontane dalla propria realtà, che ampliano l’orizzonte esistenziale del lettore permettendogli di vivere molte vite in una.
La lettura conferisce profondità e qualità al tempo quotidiano, trasformando i momenti di attesa o di silenzio in occasioni di crescita personale. Sul piano sociale, chi legge abitualmente tende a sviluppare atteggiamenti più inclusivi e solidali, poiché le storie favoriscono la comprensione delle dinamiche umane e delle conseguenze delle azioni. Leggere, inoltre, costituisce un atto di emancipazione culturale: acquisire parole e linguaggi permette di articolare meglio il pensiero, difendere le proprie idee e partecipare con maggiore consapevolezza alla vita collettiva.
Infine, le narrazioni fittizie si inseriscono in un meccanismo già attivo nella mente umana: il cervello costruisce costantemente narrazioni per interpretare la realtà. Le storie, anche se immaginarie, vengono elaborate come esperienze parzialmente reali, attivando processi emotivi, cognitivi e interpretativi profondi. In tal senso, la lettura non è semplice evasione, ma uno strumento potente di elaborazione della realtà, di costruzione dell’identità e di maturazione del pensiero. Leggere, dunque, non significa solo acquisire informazioni, ma diventare persone più consapevoli, sensibili e capaci di abitare il mondo in modo più lucido e plurale.